Motori a idrogeno:
Toyota lancia la sfida al mondo del mercato automobilistico.

Valerio Maria Paolozzi
Associato Area Comunicazione

Indice
La casa nipponica rappresenta uno dei marchi automotive più conosciuti nel mercato automobilistico, che si conferma ogni anno come tra le prime del settore per veicoli prodotti e fatturato conquistato.
Fondata nel settembre 1933 dal sig. Toyoda, come ampliamento di una prestigiosa società tessile giapponese, venne utilizzata dall’Impero del Sol Levante per la produzione di mezzi blindati durante la Seconda Guerra Mondiale. Al termine di questa, cominciò la produzione di auto in serie dei primi modelli di macchine ed autocarri, consolidando il suo successo nel 2004, quando arrivò a coprire più del 40% del mercato mondiale dell’automobile, numeri mai raggiunti prima da nessun’altra casa costruttrice.
Ad oggi Toyota risulta essere tra le case più innovative nel settore del green e la più diversificata in termini di opzioni di offerte di gamma eco-sostenibili. Nell’ultimo decennio, la casa giapponese ha difatti collezionato diversi premi per il suo impegno nella lotta alle emissioni C02, conquistando riconoscimenti come il “Best Industrial Global”, assegnati dal famoso settimanale Newsweek statunitense.
La Vision dei motori a idrogeno
In tempi recenti il presidente e CEO di Toyota Europa Johan Van Zyl, ha affermato che: <<“Nei prossimi 5-10 anni avremo profondi cambiamenti. E noi siamo pronti ad affrontarli già adesso. Il nostro mix di vendite in Europa come Toyota-Lexus è al 52%; il 62% se consideriamo Europa Centrale e occidentale, con Lexus ibrida al 96%. Nel 2015 la nostra quota era al 4,6%, l’anno scorso è arrivata al 5,3% (da 875.000 a 1.089.000 auto vendute). Dal punto di vista dei brand, Toyota in Europa non è mai stata così forte e Lexus è uno dei brand dalla crescita più rapida. Questo, considerando che il 75% delle vetture vendute in Europa viene prodotto proprio nel continente stesso. Nel 2019 abbiamo raggiunto il 90% della capacità di utilizzo dei nostri stabilimenti, sui quali abbiamo investito 1,3 miliardi di euro (tra TNGA in Repubblica Ceca, R&D in Belgio e design center in Francia, ndr). E anche a livello di profitti siamo passati dai 400 milioni del 2015 al quasi miliardo del 2018, cresciuto del 4,2% nel 2019”.
[…] L’obiettivo – conclude Van Zyl – è quello di vendere 5,5 milioni di veicoli elettrificati ogni anno dal 2020 al 2025, mentre nel 2030 vogliamo vendere 1.000.000 di auto a zero emissioni. Come? Immettendo sul mercato europeo almeno 40 nuovi (o rivisti) modelli elettrificati di cui 10 totalmente elettrici. In Europa, invece puntiamo ad una crescita di 1,4 milioni di auto vendute all’anno, sempre entro il 2025 per raggiungere una quota del 6,5%”>>.
Complementare a quanto riportato, risulta essere la volontà di Toyota di lanciare una nuova sfida al mondo automobilistico: il colosso dell’automotive, infatti, ha avviato lo sviluppo di un motore a tre cilindri che, pur funzionando con le stesse logiche di un benzina, è alimentato a idrogeno.
Un’idea che a dire il vero, non risulta essere nuova, la BMW aveva già lanciato un modello di questo tipo senza ottenere grandi risultati, resta comunque interessante il tentativo di implementazione della progettazione della mobilità del futuro.
In tale ottica, il colosso giapponese ha iniziato a sviluppare la soluzione a idrogeno nel motorsport, non prevedendone però momentaneamente una produzione in serie.
La Casa nipponica -come si legge nel noto blog di motori Quattroruote– punta a sfruttare le condizioni estreme degli sport motoristici per affinare il suo progetto e rafforzare così le sue strategie per una mobilità sostenibile, già oggi caratterizzate da un forte impiego dell’idrogeno sull’idrogeno ma con una diversa soluzione tecnologica.
Finora, come dimostrato con la Mirai, la Toyota ha privilegiato il sistema delle celle a combustibile, dove l’idrogeno viene fatto reagire chimicamente con l’ossigeno per produrre l’energia necessaria per alimentare un motore elettrico.
Nel caso dei motori tradizionali, il funzionamento è ovviamente diverso: l’idrogeno viene iniettato all’interno dei cilindri e quindi sostituisce a tutti gli effetti i carburanti fossili. In sostanza cambia poco rispetto a un turbobenzina, anche se l’idrogeno garantisce caratteristiche di reattività superiori rispetto ai propulsori endotermici e soprattutto bassissimi livelli di inquinamento: fatta eccezione per le piccole quantità di olio bruciato durante il funzionamento, i motori alimentati con questo gas emettono esclusivamente vapore acqueo.
Negli ultimi anni, però, molti sono stati i progressi compiuti dai ricercatori nel risolvere le tante criticità dell’idrogeno e nel ridurre i costi di produzione. Inoltre, sono sempre di più le aziende del comparto intenzionate a sfruttare le potenzialità dell’idrogeno quantomeno per le celle a combustibile: i produttori di veicoli commerciali e industriali ritengono che le fuel cell (dispositivi elettrochimici che permettono di ottenere energia elettrica direttamente da determinate sostanze), queste rappresentano la soluzione ideale per ridurre le emissioni e superare quelle problematiche specifiche del mondo dei trasporti difficilmente affrontabili con la sola tecnologia delle batterie elettriche.
Del resto si parla con sempre più insistenza di una prossima era dove l’idrogeno sostituirà petrolio e gas come principale vettore d’energia e, come dimostrato dalla Toyota, i costruttori automobilistici stanno lavorando per assicurare un futuro ai motori endotermici.
Per questo le associazioni di categoria chiedono alle istituzioni di avere un approccio “tecnologicamente neutrale” nell’affrontare il tema delle emissioni e quindi di non privilegiare a tutti i costi una sola tecnologia come l’elettrico per valutare i benefici di altre soluzioni come i combustibili sintetici e, per l’appunto, l’idrogeno. Ecco perché in Europa sono molteplici gli inviti a investire non solo sulle reti di ricarica dei veicoli elettrici, ma anche su infrastrutture di rifornimento per veicoli a celle di combustibile.

Elettrico vs Idrogeno: quale sarà il modello principale di riferimento per la mobilità del futuro?
Allo stato attuale, l’unica grande azienda che risulti stia investendo nell’idrogeno per veicoli è la Toyota con il progetto sopracitato. Tuttavia non è chiaro se questa stia provando a intraprendere una strada da outsider alla ricerca di un mercato nuovo da conquistare.
Essendo una tecnologia ancora acerba, i costi risultano attualmente proibitivi a livello di commercializzazione e vendita, soprattutto per la presenza della “fuel cell”, che rende la complessità costruttiva maggiore.
Vi sono poi altri fattori da tenere in considerazione, che per questioni di sintesi riportiamo in breve:
1) l’infrastrutturazione delle colonnine di ricarica vs i distributori di H2, che attualmente vedono in vantaggio le prime, sia per distribuzione di queste che per quantità di veicoli elettrici, che per vantaggi in termini di costi.
2) discorso energetico: a parità di confronto di bilanci energetici, i motori ad H2 Prima di poter essere alimentati necessitano di convertire più volte l’energia a partire della fonte primaria, e in ciascuno di questi passaggi si ha una dispersione di energia dovuta all’efficienza di ciascun processo. Per il loro principio di funzionamento, si stima che le macchine a motore elettrico siano 3 volte più efficienti di un motore a idrogeno.
3)Produzione e distribuzione: -come già analizzato dal blog https://www.progettoingegneria.it/idrogenovselettrico/– Sebbene l’idrogeno risulti essere l’elemento più presente in natura, sfortunatamente è sempre legato ad altre sostanze, rendendo complicato isolarlo ed immagazzinarlo in spazi confinati. Il metodo di produzione di idrogeno puro che viene associato alle energie rinnovabili è l’elettrolisi, un processo chimico in cui facendo passare corrente elettrica nell’acqua si ottiene la scomposizione in ossigeno e idrogeno. La reale efficienza di questo metodo è molto discussa: dal punto di vista del bilancio energetico infatti consumare energia elettrica per separare l’idrogeno, che a sua volta servirà per generare energia elettrica, è un processo molto sconveniente. Tuttavia l’elettrolisi può diventare interessante quando c’è grande disponibilità di energia che per qualche motivo andrebbe dispersa, non a caso una delle più grandi produzioni di idrogeno da elettrolisi al mondo è in corrispondenza di grosse centrali idroelettriche. Negli impianti idroelettrici è spesso necessario svuotare i bacini anche in assenza di una particolare richiesta energetica, l’energia viene utilizzata per ottenere l’elettrolisi e quindi per ottenere notevoli quantità di idrogeno.
Una volta che l’idrogeno è stato prodotto, viene immagazzinato in appositi contenitori ad alta pressione pronto per essere trasferito nelle stazioni di rifornimento nelle quali sarà possibile riempire i serbatoi delle macchine alimentate da tale carburante.
Per quanto riguarda lo stoccaggio relativo trasporto, questo può risultare più complicato: l’idrogeno può essere immagazzinato e distribuito direttamente sul posto oppure trasferito alle stazioni di approvvigionamento in diversi modi:
- Specifiche tubazioni ad alta pressione (fino a 1000 bar).
- Autobotti con serbatoi ad alta pressione.
- Autobotti criogeniche che trasportano idrogeno liquido (-40°C).
L’intera filiera è molto complessa, le varie fasi sono piuttosto delicate siccome l’idrogeno immagazzinato e trasportato deve essere mantenuto a temperature molto basse e a pressioni molto elevate. Con queste grandezze in gioco la grande attenzione richiesta si traduce principalmente in una lievitazione del costo di gestione.
In sintesi, l’idrogeno resta senz’altro una sfida molto intrigante che potrebbe tramutarsi in commercializzazione di veicoli di massa. Guardare nel futuro è sicuramente un atto difficile, non è possibile sapere con certezza dunque se questo fungerà da concorrente alle macchine ibride/elettriche o se verrà integrato nelle offerte di gamma delle rispettive case automobilistiche. E’ possibile però ipotizzare che il carburante H2 possa funzionare da mezzo complementare ai fini dell’abbattimento e riduzione delle emissioni CO2.