Ultimamente è sempre più acceso il dibattito sull’impatto ambientale dei Non Fungible Token, perché questi ultimi dipendono dalla blockchain, meccanismo che ad oggi richiede un altissimo dispendio di energia. In poche parole possiamo dire che la blockchain è come un registro contabile all’interno del quale viene tenuta traccia di tutte le operazioni e transazioni effettuate.
Per consentire questo tracciamento vengono usati una serie di metadati, conservati su migliaia di computer al fine di garantire che tali informazioni non vadano perse o vengano contraffatte. Tali procedure però, dipendono dalla capacità di calcolo di svariate migliaia di computer che devono necessariamente rimanere accesi per riuscire ad elaborare e tener conto di tutte queste transazioni. Ciò si traduce in un consumo di energia elevatissimo, dovuto principalmente al mantenimento dei server che hanno il compito di garantire il corretto funzionamento di tutto il sistema.
Il vero problema è che l’energia consumata dalla blockchain deriva ancora in maniera preponderante da fonti fossili.
Anche se è molto difficile stabilire gli effettivi consumi del processo, il visual artist ed Ingegnere Memo Akten ha condotto una ricerca per tentare di quantificare i danni delle transazioni NFT.
Secondo la sua indagine una sola transazione su una piattaforma di scambio produce un quantitativo di Co2 pari a 48 Kg.